sabato 21 dicembre 2013

Benvenuti nel mio mondo presepiale.

Un mondo fatto di religiosità, di storia, fantasia e creatività, di studio e di libera interpretazione, nel rispetto sia delle tradizioni storiche e religiose che di quelle popolari e profane. Condivido con voi le mie esperienze, le mie idee, i miei lavori, le mie sensazioni e i miei pensieri. Il mio presepe è fatto di gioia e di allegria, è pieno di colori e di vita.
Il presepe per me è sempre stato un mezzo di comunicazione, un mezzo per mandare messaggi positivi a “tutti gli uomini di buona volontà” e a tutti i visitatori, affascinati, come me da questo mondo fantastico.Ho sempre preferito il presepe tradizionale a quelli “moderni”.
Da qualche anno però prima dell’allestimento del nuovo presepe, cerco di sviluppare un tema, che sarà il messaggio da diffondere, un messaggio di pace, un messaggio di riconciliazione, un messaggio, che è per me, anche un mezzo di catechesi, un modo nuovo (ma non troppo) di evangelizzazione, senza l’uso di troppe parole.
E questo per me rende il presepe estremamente attuale e moderno, perché il presepe è vivo, parla con le sue statue, con i suoi simboli e con le sue rappresentazioni. Nel mio presepe non è rappresentata solo la natività o i simboli storici del presepe, come i pastori, i re magi, gli angioletti… il mio presepe è ricco di
personaggi e di simboli religiosi, che richiamano costantemente alle Sacre Scritture, a cominciare dalla creazione di Adamo ed Eva, alla promessa fatta a Jesse, per poi continuare con le più antiche profezie messianiche.
Nel mio presepe c’è sempre un continuo collegamento ai racconti della Bibbia e ai fatti del Vangelo.
Ci sono molti riferimenti anche ai Vangeli apocrifi e alle tradizioni popolari. Ho voluto mettere in evidenza anche quanto di più positivo ho trovato in quel mondo esoterico e misterioso, che tanto affascina il popolo, tralasciando volutamente tutto ciò che a me sembrava negativo e che non avesse nulla a che fare con il sacro, come ad esempio superstizioni e storie del mondo dell’occulto.
Le parole, le storie, i pensieri, i racconti e le riflessioni, frutto delle mie ricerche e dei miei studi, rimangono, qui riposti, come spunto e stimolo di riflessione per chiunque li leggerà.

lunedì 16 dicembre 2013

Cos'è il presepe

Il presepe è l'occasione per costruire un sogno.
E' dedicare del tempo ad un progetto comune,
che cresce con l'aggiunta di ogni piccolo dettaglio giorno per giorno,
insieme...semplicemente.
E' il tempo propizio per sperimentare, per collaborare, per crescere, per dialogare... mentre lo si costruisce.
Il presepe è più di una rappresentazione sacra,
è l'esercizio spirituale, una vera preparazione ad un evento assoluto,
che assume una dimensione mistica dell'Eternità con gli occhi della fede.
Progetto il presepe sempre con mia moglie e con i miei figli.
Io lo faccio sempre, loro non lo dimenticheranno mai.  

Il presepe siamo noi

Potrebbe essere in qualche modo sintetizzato così il messaggio inviato dal Papa durante l’angelus della 3° domenica di Avvento (Benedetto XVI° - 2009)
Il Papa, ovviamente, ha ricordato l’usanza del presepe lodandone il valore culturale e spirituale.

“Il presepio e’ una scuola di vita, dove possiamo imparare il segreto della vera gioia che non consiste nell’avere tante cose, ma nel sentirsi amati dal Signore, nel farsi dono per gli altri e nel volersi bene”.
È per me motivo di gioia sapere che nelle vostre famiglie si conserva l’usanza di fare il presepe.
Però non basta ripetere un gesto tradizionale, per quanto importante.
Bisogna cercare di vivere nella realtà di tutti i giorni quello che il presepe rappresenta, cioè l’amore di Cristo, la sua umiltà, la sua povertà.”
“È ciò che fece san Francesco a Greccio: rappresentò dal vivo la scena della Natività, per poterla contemplare e adorare, ma soprattutto per saper meglio mettere in pratica il messaggio del Figlio di Dio, che per amore nostro si è spogliato di tutto e si è fatto piccolo bambino.”
“La benedizione dei “Bambinelli” ci ricorda che il presepio è una scuola di vita, dove possiamo imparare il segreto della vera gioia. Questa non consiste nell’avere tante cose, ma nel sentirsi amati dal Signore, nel farsi dono per gli altri e nel volersi bene. “
Dunque così ci fa tendere la proposta cristiana: non odio, vendette, rancori, ma una tensione nel farsi carico della responsabilità di essere noi stessi risorsa, l’uomo è una risorsa, diventa a sua volta dono per gli altri e promuovendo così il bene tra gli uomini.
Guardiamo il presepe: la Madonna e san Giuseppe non sembrano una famiglia molto fortunata; hanno avuto il loro primo figlio in mezzo a grandi disagi; eppure sono pieni di intima gioia, perché si amano, si aiutano, e soprattutto sono certi che nella loro storia è all’opera Dio, il Quale si è fatto presente nel piccolo Gesù. E i pastori? Che motivo avrebbero di rallegrarsi? Quel Neonato non cambierà certo la loro condizione di povertà e di emarginazione.
Ma la fede li aiuta a riconoscere nel “bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”, il “segno” del compiersi delle promesse di Dio per tutti gli uomini “che egli ama” (Lc 2,12.14), anche per loro!
E’ la proposta cristiana, la vera proposta che libera gli uomini dall’oppressione, l’occasione di rallegrarsi, lo dice chiaramente “Che motivo avrebbero di rallegrarsi?
Quel Neonato non cambierà certo la loro condizione di povertà e di emarginazione.
Ma la fede li aiuta …”
La vera gioia si annuncia e noi nell’Avvento abbiamo l’occasione di sentire il suo avvicinamento, la sua promessa.
Già questo è un messaggio importante, in una stagione economica che – paradossalmente – spinta dalla paura della crisi potrebbe rischiare di portarci ad un legame sempre più stretto e negativo con i beni del mondo, dimenticando l’esperienza spiritualmente sostanziale della nostra vita.
Ma il Papa ha sottolineato un fatto ancora diverso: l’esigenza di non fermarci alla dimensione “tradizionale” del presepe e l’esigenza di non dimenticare che i veri personaggi del presepe siamo noi, coloro che possono gioire di una vita in “compagnia” del Signore.
Per questo Benedetto XVI all’Angelus ha lodato oggi le famiglie nelle quali “si conserva l’usanza di fare il presepe”, anche se “non basta ripetere un gesto tradizionale, per quanto importante. Bisogna cercare di vivere nella realta’ di tutti i giorni quello che rappresenta”.
Messaggi importanti che vengono a pochi giorni dal Natale che, ancora una volta, rischia di essere sotterrato dal consumismo, dalla superficialità tradizionalistica, e dalla melensità di un certo sentimento religioso tanto disincarnato quanto – alla fin fine – inutile.
“Cari fratelli e sorelle!
In questa domenica, secondo una bella tradizione, i bambini vengono a far benedire dal Papa le statuine di Gesù Bambino, che porranno nei loro presepi. E, infatti, vedo qui in Piazza San Pietro tanti bambini e ragazzi, insieme con i genitori, gli insegnanti e i catechisti.”

Le parole del Papa rendono bene il senso della gioia cristiana e della tradizione, che inequivocabile è percepibile nella sua bellezza
Una “bella tradizione”, mi pare che sia chiaro. Una tradizione che non va perduta, essendo occasione “positiva” e proprio per questo va conservata senza banalizzarla.
“Carissimi, vi saluto tutti con grande affetto e vi ringrazio di essere venuti.
“Ecco, cari amici, in che cosa consiste la vera gioia: è il sentire che la nostra esistenza personale e comunitaria viene visitata e riempita da un mistero grande, il mistero dell’amore di Dio.
Per gioire abbiamo bisogno non solo di cose, ma di amore e di verità: abbiamo bisogno di un Dio vicino, che riscalda il nostro cuore, e risponde alle nostre attese profonde.
Questo Dio si è manifestato in Gesù, nato dalla Vergine Maria.
Perciò quel Bambinello, che mettiamo nella capanna o nella grotta, è il centro di tutto, è il cuore del mondo.


Preghiamo perché ogni uomo, come la Vergine Maria, possa accogliere quale centro della propria vita il Dio che si è fatto Bambino, fonte della vera gioia.” Benedetto XVI

Nozioni sul "Praesepium"

La parola "presepio" deriva dal latino PRAESEPIUM e significa "mangiatoia" con una chiara allusione al posto dove nacque Gesù.
Oggi il presepio non è altro che la rappresentazione, attraverso statuine e modellini, della nascita di Gesù.      
Prima di San Francesco.     
La tradizione vuole che la sua origine sia stata segnata da un presepio vivente realizzato in una grotta del monte Falterone (Greccio - Rieti) nel Natale del 1233 da San Francesco d' Assisi, per rievocare la natività dopo un suo viaggio a Betlemme.               
Si trattò del primo presepe vivente e la tradizione si è perpetuata nei secoli arrivando fino ai giorni nostri.
La raffigurazione della natività ha però origini ben più remote, infatti i primi cristiani usavano scolpire o dipingere le scene della nascita di Cristo nei loro punti di incontro (ad es. le Catacombe romane); poi quando il Cristianesimo potè essere professato fuori dalla clandestinità, tale usanza continuò e scene con Giuseppe, Maria e il Bambino andarono ad arricchire le pareti delle prime chiese.
Si trattava di graffiti, rilievi e affreschi: per vedere le prime statue dobbiamo attendere la fine del 1200 e per lungo tempo ancora tale tradizione è rimasta prerogativa delle chiese e delle comunità religiose.                      
                         
Ma per vedere il presepe in tutte le case dobbiamo attendere fino al 1700: è Napoli (allora facente parte dei domini borbonici e al centro di fitti scambi commerciali con la Spagna ed il resto d'Europa) ad essere considerata la culla della diffusione dell'attuale presepio.
Vari tipi di presepi.
Il tradizionale presepe napoletano era ed è costituito da statuine con un'anima in ferro imbottita, la loro testa è in terracotta ed i vestiti sono in stoffa. Prendendo spunto e ispirazione da qui dunque, ogni popolo, ogni artista hanno utilizzato i materiali più disparati, più congeniali o più facilmente reperibili.
Basti pensare che nella stessa Italia incontriamo tantissime tipologie di presepio: da quello napoletano alla cartapesta leccese, alla terracotta in altre zone della Puglia, alla cartapesta e al gesso della Toscana, al legno del Trentino solo per citarne alcune une.
Per non parlare poi dell'ambientazione che solitamente rispecchia il territorio e la cultura di chi li realizza, o meglio un mix tra questo e quanto si legge nei Vangeli, soprattutto nei cosiddetti vangeli apocrifi.
Per intuire l'importanza dell'ambientazione e della scenografia basti guardare in ogni casa, in ogni presepio la trasformazione che ha interessato la rappresentazione della nascita di Gesù.... la natività risulta ormai sommersa da una serie infinita di personaggi e figure... pastori, suonatori, venditori e venditrici, viandanti... 
Il più antico presepio d'Italia si trova sotto la Cappella Sistina in Santa Maria Maggiore a Roma, modellato nel 1280 circa.  
Critica.
Sono gli evangelisti Luca e Matteo i primi a descrivere la Natività.
Nei loro brani c'è già tutta la sacra rappresentazione che a partire dal medioevo prenderà il nome latino di praesepium ovvero recinto chiuso, mangiatoia.
Si narra infatti della umile nascita di Gesù, come riporta Luca, "in una mangiatoia perché non c'era per essi posto nell'albergo" (Ev., 2,7); dell'annunzio dato ai pastori; dei magi venuti da oriente seguendo la stella per adorare il Bambino che i prodigi del cielo annunciano già re.
Questo avvenimento così familiare e umano se da un lato colpisce la fantasia dei paleocristiani rendendo loro meno oscuro il mistero di un Dio che si fa uomo, dall'altro li sollecita a rimarcare gli aspetti trascendenti quali la divinità dell'infante e la verginità di Maria.
Così si spiegano le effigi parietali del III secolo nel cimitero di S. Agnese e nelle catacombe di Pietro e Marcellino e di Domitilla in Roma che ci mostrano una Natività e l'adorazione dei Magi, ai quali il vangelo apocrifo armeno assegna i nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, ma soprattutto si caricano di significati allegorici i personaggi dei quali si va arricchendo l'originale iconografia: il bue e l'asino, aggiunti da Origene, interprete delle profezie di Abacuc e Isaia, divengono simboli del popolo ebreo e dei pagani. 

i Magi il cui numero di tre, fissato da S. Leone Magno, ne permette una duplice interpretazione, quali rappresentanti delle tre età dell'uomo: gioventù, maturità e vecchiaia e delle tre razze in cui si divide l'umanità: la semita, la giapetica e la camita secondo il racconto biblico; gli angeli, esempi di creature superiori; i pastori come l'umanità da redimere e infine Maria e Giuseppe rappresentati a partire dal XIII secolo, in atteggiamento di adorazione proprio per sottolineare la regalità dell'infante.
Anche i doni dei Magi sono interpretati con riferimento alla duplice natura di Gesù e alla sua regalità: l'incenso, per la sua Divinità, la mirra, per il suo essere uomo, l'oro perché dono riservato ai re.
Il presepe nell'arte.
A partire dal IV secolo la Natività diviene uno dei temi dominanti dell'arte religiosa e in questa produzione spiccano per valore artistico: la natività e l'adorazione dei magi del dittico a cinque parti in avorio e pietre preziose del V secolo che si ammira nel Duomo di Milano e i mosaici della Cappella Palatina a Palermo, del Battistero di S. Maria a Venezia e delle Basiliche di S. Maria Maggiore e S. Maria in Trastevere a Roma.
In queste opere dove si fa evidente l'influsso orientale, l'ambiente descritto èIl presepio come lo vediamo realizzare ancor oggi ha origine, secondo la tradizione, dal desiderio di San Francesco di far rivivere in uno sce la grotta, che in quei tempi si utilizzava per il ricovero degli animali, con gli angeli annuncianti mentre Maria e Giuseppe sono raffigurati in atteggiamento ieratico simili a divinità o, in antitesi, come soggetti secondari quasi estranei all'evento rappresentato.
Dal secolo XIV la Natività è affidata all'estro figurativo degli artisti più famosi che si cimentano in affreschi, pitture, sculture, ceramiche, argenti, avori e vetrate che impreziosiscono le chiese e le dimore della nobiltà o di facoltosi committenti dell'intera Europa, valgano per tutti i nomi di Giotto, Filippo Lippi, Piero della Francesca, il Perugino, Dürer, Rembrandt, Poussin, Zurbaran, Murillo, Correggio, Rubens e tanti altri.
A Greggio.
Il presepio come lo vediamo realizzare ancor oggi ha origine, secondo la tradizione, dal desiderio di San Francesco, di far rivivere in uno scenario naturale la nascita di Betlemme, con personaggi reali, pastori, contadini, frati e nobili tutti coinvolti nella rievocazione che ebbe luogo a Greccio la notte di Natale del 1223; episodio poi magistralmente dipinto da Giotto nell'affresco della Basilica Superiore di Assisi.
Storia del presepe in Italia.
Primo esempio di presepe inanimato, a noi pervenuto, è invece quello che Arnolfo di Cambio scolpirà nel legno nel 1280 e del quale oggi si conservano le statue residue nella cripta della Cappella Sistina di S. Maria Maggiore in Roma.
Da allora e fino alla metà del 1400 gli artisti modellano statue di legno o terracotta che sistemano davanti a un fondale pitturato riproducente un paesaggio che fa da sfondo alla scena della Natività; il presepe è esposto all'interno delle chiese nel periodo natalizio.
Culla di tale attività artistica fu la Toscana ma ben presto il presepe si diffuse nel regno di Napoli ad opera di Carlo III di Borbone e nel resto degli Stati italiani.
Nel '600 e '700 gli artisti napoletani danno alla sacra rappresentazione un'impronta naturalistica inserendo la Natività nel paesaggio campano ricostruito in scorci di vita che vedono personaggi della nobiltà, della borghesia e del popolo rappresentati nelle loro occupazioni giornaliere o nei momenti di svago: nelle taverne a banchettare o impegnati in balli e serenate.
Ulteriore novità è la trasformazione delle statue in manichini di legno con arti in fil di ferro, per dare l'impressione del movimento, abbigliati con indumenti propri dell'epoca e muniti degli strumenti di svago o di lavoro tipici dei mestieri esercitati e tutti riprodotti con esattezza anche nei minimi particolari.
Questo per dare verosimiglianza alla scena delimitata da costruzioni riproducenti luoghi tipici del paesaggio cittadino o campestre: mercati, taverne, abitazioni, casali, rovine di antichi templi pagani.
A tali fastose composizioni davano il loro contributo artigiani vari e lavoranti delle stesse corti regie o la nobiltà, come attestano gli splendidi abiti ricamati che indossano i Re Magi o altri personaggi di spicco, spesso tessuti negli opifici reali di S. Leucio.
In questo periodo si distinguono anche gli artisti liguri in particolare a Genova, e quelli siciliani che, in genere, si ispirano sia per la tecnica che per il realismo scenico, alla tradizione napoletana con alcune eccezioni come ad esempio l'uso della cera a Palermo e Siracusa o le terracotte dipinte a freddo di Savona e Albisola.
Sempre nel '700 si diffonde il presepio meccanico o di movimento che ha un illustre predecessore in quello costruito da Hans Schlottheim nel 1588 per Cristiano I di Sassonia.
La diffusione a livello popolare si realizza pienamente nel '800 quando ogni famiglia in occasione del Natale costruisce un presepe in casa riproducendo la Natività secondo i canoni tradizionali con materiali - statuine in gesso o terracotta, carta pesta e altro - forniti da un fiorente artigianato.
In questo secolo si caratterizza l'arte presepiale della Puglia, specialmente a Lecce, per l'uso innovativo della cartapesta, policroma o trattata a fuoco, drappeggiata su uno scheletro di fil di ferro e stoppa.
A Roma le famiglie importanti per censo e ricchezza gareggiavano tra loro nel farsi costruire i presepi più imponenti, ambientati nella stessa città o nella campagna romana, che permettevano di visitare ai concittadini e ai turisti.
Famosi quello della famiglia Forti posto sulla sommità della Torre degli Anguillara, o della famiglia Buttarelli in via De' Genovesi riproducente Greccio e il presepe di S. Francesco o quello di Padre Bonelli nel Portico della Chiesa dei Santi XII Apostoli, parzialmente meccanico con la ricostruzione del lago di Tiberiade solcato dalle barche e delle città di Gerusalemme e Betlemme.
Oggi dopo l'affievolirsi della tradizione negli anni '60 e '70, causata anche dall'introduzione dell'albero di Natale, il presepe è tornato a fiorire grazie all'impegno di religiosi e privati che con associazioni come quelle degli Amici del Presepe, Musei tipo il Brembo di Dalmine di Bergamo, Mostre, tipica quella dei 100 Presepi nelle Sale del Bramante di Roma; dell'Arena di Verona, rappresentazioni dal vivo come quelle della rievocazione del primo presepio di S. Francesco a Greccio e i presepi viventi di Rivisondoli in Abruzzo o Revine nel Veneto e soprattutto la produzione di artigiani presepisti, napoletani e siciliani in special modo, eredi delle scuole presepiali del passato, hanno ricondotto nelle case e nelle piazze d'Italia la Natività e tutti i personaggi della simbologia cristiana del presepe.

Il vagito di Dio: un bimbo cambia la storia.

L’inventore dell’universo si fa piccolo ed ricomincia tutto da Betlemme
A Natale ha fine l’esodo di Dio, il Suo eterno viaggio in cerca dell’uomo. E ha inizio per l’uomo l’infinita possibilità di diventare Verbo e Figlio di Dio.
Natale è l’inizio del capovolgimento totale, di un nuovo ordinamento di tutte le cose. Non è facile il Natale, non è un quadretto idilliaco, inizia la conversione della storia.
E’ da qui, dove l’infinitamente grande si fa infinitamente piccolo, che i cristiani cominciano a contare gli anni, a raccontare la storia. Questo è il nodo vivo del tempo. Attorno ad esso danzano i secoli, tutto cambia.
Solo due vangeli raccontano la nascita di Gesù: Matteo gli dedica 48 versetti, Luca si diffonde in una narrazione 3 volte più lunga 132 versetti. Mentre Matteo incentra il racconto attorno alla figura di Giuseppe, l’uomo dei sogni, in un’atmosfera drammatica innervata da riferimenti diretti all’Antico Testamento, Luca, in capitoli pieni di ali d’angeli, in un’ambientazione serena, dà il massimo rilievo al ruolo di Maria e introduce l’inedito: una donna che parla con Dio e con gli angeli come un profeta o un patriarca. E per la prima volta nel dialogo con il cielo è a una creatura della terra che spetta l’ultima parola:  
Io ti ho detto si.
Ti porto come si porta un bambino,
fatta pesante di vita.
Entra ancora più profondamente in me,
Signore,
vieni,
aprimi il cuore,
fai spazio,
fammi tenera argilla nelle tue mani,
affonda le mani nel folto delle fibre del mio cuore
nei muscoli, nella carne…

Il modo che Dio ha ideato per incarnarsi esalta la bellezza del corpo, canta il valore della carne, benedetta, assunta, amata: dolce carne fatta cielo. Non dentro la carne è venuto, ma carne lui stesso, in ogni fibra Dio. Non è disconoscendola che noi diventeremo più spirituali. 
Ci fu un censimento in tutto l’impero
Luca ci presenta la nascita di Gesù fondendo insieme l’umile concretezza dei particolari e il respiro della grande storia, la cronaca di una notte senza data e dei grandi calendari degli imperi.
La prima condizione storica è il censimento: la grande macchina imperiale ha preteso questo rigoroso controllo su tutti, probabilmente per aggiornare l’anagrafe tributaria. Qualcosa di minaccioso presiede alla nascita del Salvatore: “ Anche la tua vita mi serve per alimentare le tasse dello Stato”. Ed ecco che, dentro la durezza di questo meccanismo quando l’uomo è semplicemente ridotto a numero e quantità, gli si produce la nascita dell’uomo nuovo.
Un impero brutale nel confronto dei deboli salva dall’anonimato tre poveri: Maria, Giuseppe e un bambino. Quasi che la pressione dei poteri oscuri della storia costringesse Dio a rivelare la luce.
Lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia
Una mangiatoia, il posto del cibo, in Betlemme, che in ebraico significa casa-del-pane: questo Bambino deposto nella madia più umile, è davvero il cibo per ogni creatura. Il pane è un segno bellissimo e terribile. Ti fa vivere e si annulla per te; ti nutre fino a farti partecipe di te stesso e si distrugge. Dio non chiede più sacrifici, è Lui che sacrifica se stesso. L’amore non protegge, espone disarma. Dio si espone per noi in un piccolo d’uomo, in una mangiatoia, in una notte di respiro su respiro.
Nelle icone nella scuola di Novgorod il bambino è collocato in una mangiatoia che ha la forma di un sepolcro: il primo gesto di Maria è profezia dell’ultimo, la deposizione nella tomba. Nei vangeli della natività un anticipo del Vangelo totale dentro il Natale la Pasqua.
Ma perché questo Dio si è incarnato? Scrive Origene: prima ha partorito poi si è incarnato. Ha patito per amore (caritas est passio) vedendo quanto lontano era andato l’uomo: l’amore, anche quello di Dio, è, nella sua bella ambivalenza, passione e patimento. Si è incarnato perché ha fatto piaga nel suo cuore la somma del dolore del mondo (Ungaretti).
Pace in terra agli uomini che Dio ama
Una nuvola di canto avvolge i pastori e vanno dove l’angelo aveva detto. E’ così bello che Luca prenda nota di questa sola visita. E’ bello per tutti i poveri, gli ultimi, gli anonimi, i dimenticati. E’ davvero una buona notizia: la storia cambia direzione.
Dio scommette su coloro sui quali la storia non scommette, sceglie la via della periferia. La grande ruota della storia aveva sempre girato in un unico senso: dal basso verso l’alto, dal piccolo verso il grande, dal debole verso il più forte.
Quando Gesù nasce, anzi quando il Figlio di Dio è partorito da una donna, il movimento del meccanismo della storia per un istante si inceppa e poi prende a scorrere  nel senso opposto, nel senso del forte che si fa servo del debole, dell’eterno che cammina fra le età dell’uomo, il fiume di fuoco che si abbrevia in una scintilla, l’infinito nel frammento.
A Natale la Parola è un bambino che non sa parlare, Verbum infas
Il Dio che aveva plasmato Adamo con la polvere del suolo ora si fa Lui stesso polvere del nostro suolo. Il vasaio che aveva plasmato l’uomo come un vaso di argilla diventa Lui stesso argilla di un piccolo vaso, luce custodia in un guscio di creta, ruvido di terra e fremente di luce.
Colui che ha riempito il cielo con miliardi di galassie, l’inventore dell’universo, si fa piccolo e ricomincia da Betlemme. Colui che ha separato la luce dalle tenebre è deposto in una greppia per animali.
Ecco il prodigio più grande: Dio di carne, è questa la parola rivoluzionaria, la parola appassionata del Natale. L’impensabile di Dio, la vertigine della storia.
Dio si è fatto uomo, anzi bambino. E per capire di più penso al bambino che cerca il latte della madre e dico: il Verbo si è fatto fame. Penso al bambino che piange e ha bisogno di tutto e dico: il Verbo si è fatto pianto e bisogno di madre.
Poi penso agli abbracci che Gesù ha riserva ai più piccoli e dico: il Verbo si è fatto carezza; al pianto di Gesù davanti alla tomba dell’amico Lazzaro: il Verbo si è fatto lacrime. Penso a quel velo di fango messo sugli occhi del cieco e dico: il Verbo si è fatto polvere e mano e saliva e occhi nuovi. Alla croce: il Verbo si è fatto agnello, carne in cui grida il dolore.
A Natale Dio viene come un bambino: un neonato non può far paura, si affida, vive solo se qualcuno lo ama e si prende cura di Lui. Così le madri fanno vivere i loro figli: li nutrono di latte, di cure e di sogni, ma prima ancora di amore.  Come ogni neonato, Gesù vivrà solo perché amato. Viene Dio, mendicante d’amore.
C’è un bambino in me che a Natale gli parli di Dio e lui lo sente respirare.
Gli dici che è Natale e lui vede un volo di angeli che aprono il cielo.
C’è in me un uomo disilluso, che ha visto il cielo svuotarsi di stelle.

Ermes Ronchi e Marina Marcolini


Breve storia del "Praesepium" (Parte prima)

Il termine (come del resto presepe) deriva dalle due forme latine "praesepe" e "praesepium", che significano "greppia, mangiatoia". A Firenze e' invece invalso il termine "capannuccia" col significato di "raffigurazione di Gesù bambino nella stalla".
Il primo non e', come si crede comunemente, quello vivente realizzato a Greccio, la notte del 25 Dicembre 1223 da S. Francesco, bensì un dipinto presente su di un' architrave nelle catacombe di Priscilla che raffigura il Bambino, la Madonna, un personaggio maschile, che potrebbe essere sia S. Giuseppe che il profeta Isaia ed una stella a otto punte.
Quindi già 100 anni dopo la morte di Cristo abbiamo un presepe, seguito a ruota da molte Epifanie (dal greco "manifestazione") dei secoli III e IV sempre dipinte nelle catacombe.
Del IV secolo e' inoltre una curiosa raffigurazione situata nelle catacombe di S. Sebastiano in cui al Bimbo sono stati affiancati i soli asino e bue.
catacombe.jpg
Da questo secolo fino al VII troviamo invece raffigurate sui rilievi dei sarcofagi tutte le componenti di quella che ora e' l'iconografia classica: Gesù, Maria, Giuseppe, il bue, l'asino e la stella. Il presepe viene inoltre raffigurato su vetri, avori, miniature di codici e mosaici, ma siamo ancora davanti ad immagini statiche, fisse nel momento in cui l'artista le ha create.
Siamo così arrivati al settimo secolo durante il quale Papa Teodoro, avvertendo l'esigenza cristiana di un qualcosa di più concreto, volle costruire un oratorio interamente dedicato al presepio nella chiesa di S. Maria Maggiore all'Esquilino.
Questo stesso oratorio venne poi abbellito da Arnolfo di Cambio nel 1289 e finalmente il Fontana lo portò nella chiesa.
Eccoci ora a S. Francesco ed alla notte di Natale dell'anno 1223, ma quanto accadde conviene che ce lo descriva Tommaso da Celano, contemporaneo del Santo: "Circa quindici giorni prima del Natale di nostro Signore, il beato Francesco chiese ad un suo amico Giovanni Velita, colui che ha donato il terreno ai frati di venire al lui e gli disse: "Voglio celebrare il ricordo di questo Bambino nato a Betlemme, e vedere con gli occhi della carne le privazione a cui e' assoggettato, come fu adagiato nella mangiatoia, come riposò sul fieno tra il bue e l'asinello". (...)
Il Santo, che era diacono, riveste gli ornamenti della sua sacra funzione e con voce sonora canta il Vangelo. (...) Uno dei presenti (lo stesso Velita), di mirabile virtù, e' degnato di una visione: vede nella mangiatoia un bambino che sembra privo di vita, e il Santo di Dio avanzare verso di lui e risvegliare il bimbo come dal tepore del sogno (...)" (I Cel. 84-88).
Sul luogo dove ciò avvenne sorse e vi e' tutt'ora un santuario, il cui altare e' stato edificato sulla mangiatoia stessa. Questa era però solo una sacra rappresentazione perchè non vi erano gli elementi principali (la Sacra Famiglia).

Si ha notizia del primo presepio vero e proprio nel 1330 quando ne venne costruito uno a Napoli per le Clarisse di S. Chiara e sempre a Napoli ne sorsero altri tra il 1300 ed il 1500 fatti con grandi figure di legno sistemate stabilmente all'interno delle cappelle.
(da:www.praesepium.com)
(segue 2 parte)

Breve storia del "Praesepium" (Parte seconda)

Parallelamente nelle Fiandre si diffondevano i "repos" di Gesù, culle adorne di trine e campanellini che le monache cullavano cantando nenie. Intanto il presepe si stava rapidamente diffondendo in tutta la penisola italiana, privilegiando l'Italia meridionale con Napoli al suo centro. Arriviamo cosi' al suo secolo d'oro: il 1700. Si costruisce secondo gli stili barocco e rococò ed i personaggi finiscono col rivestirsi di abiti alla Luigi XIII, di baffi, pizzo, boccoli ed al guinzaglio cani da caccia. A Napoli tra il 1760 ed il 1800 si ha una vera e propria febbre del presepe, tale che in ogni parte del mondo non esiste oggi museo senza un'opera napoletana. 
Dirà Michele Cuciniello: "Il presepio napoletano e' una pagina di Vangelo in dialetto napoletano".
Gli scavi di Pompei suggeriscono inoltre un ritorno allo stile classico e in alcuni presepi troviamo addirittura il Vesuvio: Carlo III, appassionato di meccanica e coadiuvato da architetti e scenografi di corte, ne costruisce uno nei salotti del palazzo.
I traffici che al tempo dei Borboni collegavano la città partenopea alla penisola iberica fecero si che il presepe venisse esportato in Spagna e Portogallo, dove rimangono famosi i lavori in creta di Ramon Amadeu e Damian Compeny. Intanto si aveva in Francia (a partire dalla Provenza) ed in Belgio la fioritura di rappresentazioni fatte con marionette e "cheches" (specie di automi). 
Ma il presepe doveva ancora fare i conti con il movimento "illuminista" che lo relegò nelle soffitte e tra i rifiuti in quanto argomento "non illuminato" dalla ragione, ma circondato da un alone di mistero. Ma non passò troppo tempo che il romanticismo lo riscoprì e nella prima metà dell'ottocento nacquero le primo associazioni di amici del presepio con il preciso fine di far rifiorire questa usanza. La prima di cui si ha notizia e' del 1855-58 (?) nata a Barcellona, i cui dati anagrafici sono stati dedotti da quella nata nel 1863 nella medesima città spagnola.
Intanto i musei cominciavano ad aprire sezioni specifiche sull'argomento: primo fu quello di S. Martino a Napoli che ospita il presepe di Michele Cuciniello costruito nel 1879.
Poi sorse il Bayerisch National museum di Monaco e raccolte si ebbero in Sicilia, Tirolo e Spagna. La prima associazione del nostro secolo e' svizzera, nata nel Tirolo nel 1909. Rimase sola fino al 1921, anno in cui, nuovamente a Barcellona, ne sorse una nuova seguita poi da altre ancora fino ad arrivare al 30 maggio 1952, data che segna la nascita dell' Universalio Foederatio Praesepistica (Un-Foe-Prae), federazione che raggruppa l' universalità delle associazioni.
Questa e' la storia del presepe, quella dei grandi nomi, ma essa non fa comunque torto a tutte quelle piccole storie di coloro che hanno costruito con passione il loro presepe e anche di tutti quelli che ancora una volta rimarranno incantati davanti a quella statuina che tende con un sorriso le braccia.

(da:www.praesepium.com)