lunedì 16 dicembre 2013

Il presepe siamo noi

Potrebbe essere in qualche modo sintetizzato così il messaggio inviato dal Papa durante l’angelus della 3° domenica di Avvento (Benedetto XVI° - 2009)
Il Papa, ovviamente, ha ricordato l’usanza del presepe lodandone il valore culturale e spirituale.

“Il presepio e’ una scuola di vita, dove possiamo imparare il segreto della vera gioia che non consiste nell’avere tante cose, ma nel sentirsi amati dal Signore, nel farsi dono per gli altri e nel volersi bene”.
È per me motivo di gioia sapere che nelle vostre famiglie si conserva l’usanza di fare il presepe.
Però non basta ripetere un gesto tradizionale, per quanto importante.
Bisogna cercare di vivere nella realtà di tutti i giorni quello che il presepe rappresenta, cioè l’amore di Cristo, la sua umiltà, la sua povertà.”
“È ciò che fece san Francesco a Greccio: rappresentò dal vivo la scena della Natività, per poterla contemplare e adorare, ma soprattutto per saper meglio mettere in pratica il messaggio del Figlio di Dio, che per amore nostro si è spogliato di tutto e si è fatto piccolo bambino.”
“La benedizione dei “Bambinelli” ci ricorda che il presepio è una scuola di vita, dove possiamo imparare il segreto della vera gioia. Questa non consiste nell’avere tante cose, ma nel sentirsi amati dal Signore, nel farsi dono per gli altri e nel volersi bene. “
Dunque così ci fa tendere la proposta cristiana: non odio, vendette, rancori, ma una tensione nel farsi carico della responsabilità di essere noi stessi risorsa, l’uomo è una risorsa, diventa a sua volta dono per gli altri e promuovendo così il bene tra gli uomini.
Guardiamo il presepe: la Madonna e san Giuseppe non sembrano una famiglia molto fortunata; hanno avuto il loro primo figlio in mezzo a grandi disagi; eppure sono pieni di intima gioia, perché si amano, si aiutano, e soprattutto sono certi che nella loro storia è all’opera Dio, il Quale si è fatto presente nel piccolo Gesù. E i pastori? Che motivo avrebbero di rallegrarsi? Quel Neonato non cambierà certo la loro condizione di povertà e di emarginazione.
Ma la fede li aiuta a riconoscere nel “bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”, il “segno” del compiersi delle promesse di Dio per tutti gli uomini “che egli ama” (Lc 2,12.14), anche per loro!
E’ la proposta cristiana, la vera proposta che libera gli uomini dall’oppressione, l’occasione di rallegrarsi, lo dice chiaramente “Che motivo avrebbero di rallegrarsi?
Quel Neonato non cambierà certo la loro condizione di povertà e di emarginazione.
Ma la fede li aiuta …”
La vera gioia si annuncia e noi nell’Avvento abbiamo l’occasione di sentire il suo avvicinamento, la sua promessa.
Già questo è un messaggio importante, in una stagione economica che – paradossalmente – spinta dalla paura della crisi potrebbe rischiare di portarci ad un legame sempre più stretto e negativo con i beni del mondo, dimenticando l’esperienza spiritualmente sostanziale della nostra vita.
Ma il Papa ha sottolineato un fatto ancora diverso: l’esigenza di non fermarci alla dimensione “tradizionale” del presepe e l’esigenza di non dimenticare che i veri personaggi del presepe siamo noi, coloro che possono gioire di una vita in “compagnia” del Signore.
Per questo Benedetto XVI all’Angelus ha lodato oggi le famiglie nelle quali “si conserva l’usanza di fare il presepe”, anche se “non basta ripetere un gesto tradizionale, per quanto importante. Bisogna cercare di vivere nella realta’ di tutti i giorni quello che rappresenta”.
Messaggi importanti che vengono a pochi giorni dal Natale che, ancora una volta, rischia di essere sotterrato dal consumismo, dalla superficialità tradizionalistica, e dalla melensità di un certo sentimento religioso tanto disincarnato quanto – alla fin fine – inutile.
“Cari fratelli e sorelle!
In questa domenica, secondo una bella tradizione, i bambini vengono a far benedire dal Papa le statuine di Gesù Bambino, che porranno nei loro presepi. E, infatti, vedo qui in Piazza San Pietro tanti bambini e ragazzi, insieme con i genitori, gli insegnanti e i catechisti.”

Le parole del Papa rendono bene il senso della gioia cristiana e della tradizione, che inequivocabile è percepibile nella sua bellezza
Una “bella tradizione”, mi pare che sia chiaro. Una tradizione che non va perduta, essendo occasione “positiva” e proprio per questo va conservata senza banalizzarla.
“Carissimi, vi saluto tutti con grande affetto e vi ringrazio di essere venuti.
“Ecco, cari amici, in che cosa consiste la vera gioia: è il sentire che la nostra esistenza personale e comunitaria viene visitata e riempita da un mistero grande, il mistero dell’amore di Dio.
Per gioire abbiamo bisogno non solo di cose, ma di amore e di verità: abbiamo bisogno di un Dio vicino, che riscalda il nostro cuore, e risponde alle nostre attese profonde.
Questo Dio si è manifestato in Gesù, nato dalla Vergine Maria.
Perciò quel Bambinello, che mettiamo nella capanna o nella grotta, è il centro di tutto, è il cuore del mondo.


Preghiamo perché ogni uomo, come la Vergine Maria, possa accogliere quale centro della propria vita il Dio che si è fatto Bambino, fonte della vera gioia.” Benedetto XVI

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