lunedì 16 dicembre 2013

I MAGI NEI VANGELI APOCRIFI

Diversamente dai vangeli canonici, sono molti i riferimenti ai Magi nei vangeli apocrifi, in alcuni dei quali possiamo trovare l’origine delle immagini che nel corso dei secoli hanno avuto una grande popolarità, fino a diventare parte integrante della cultura cristiana canonica.

PROTOVANGELO DI GIACOMO

In questo testo si narra che, mentre Giuseppe si prepara a partire per la Giudea, a Betlemme c'è una grande agitazione per l’arrivo dei Magi che chiedono dove sia il re dei giudei che era nato, poiché avevano visto la sua stella in oriente ed erano venuti per adorarlo. Erode, che aveva saputo dell’arrivo dei magi, manda dei messi da loro per farli venire al suo cospetto ed interrogarli. Chiede dunque ai Magi dove fosse scritto che sarebbe dovuto nascere il Cristo. I Magi rispondono che era scritto che sarebbe nato a Betlemme in Giudea: « Ed egli allora li congedò. Ed interrogò i Magi, dicendo loro: - Che sogno avete visto circa il re che è nato?
magi_tissot868x600.jpgDissero i Magi: - Abbiamo visto una stella grandissima, che brillava tra queste altre stelle e le oscurava, così che le stelle non si vedevano, e noi per questo abbiamo capito che un re era nato per Israele e siamo venuti ad adorarlo.
I Magi se ne andarono. Ed ecco la stella che avevano visto in oriente li precedeva finché giunsero alla grotta, e si fermò in capo alla grotta. Ed i magi videro il bambino con sua madre Maria e trassero fuori della loro bisaccia dei doni: oro incenso e mirra. »(Protovangelo di Giacomo, Cap XXI, par. 2 e 3,)
I Magi quindi prendono la strada del ritorno, essendo stati avvertiti dall’angelo di non entrare in Giudea.

VANGELO DELLO PSEUDO MATTEO

I Magi arrivano dopo il secondo anno dalla nascita del Cristo: « Trascorso poi il secondo anno, dall’oriente vennero dei magi a Gerusalemme, portando doni. Essi interrogarono sollecitamente i Giudei, domandando: - dov’è il re che vi è nato? Infatti abbiamo visto in oriente la sua stella e siamo venuti ad adorarlo. »(Vangelo dello pseudo Matteo, Cap XVI, par. 1,)
Erode dopo essere venuto a sapere dell’arrivo dei Magi si spaventa e manda degli scribi dai farisei e dai rabbini del popolo per sapere da loro dove nelle sacre scritture i profeti avevano predetto la nascita del Cristo. Alla risposta che sarebbe dovuto nascere in Betlemme, il re chiama i Magi e domanda loro quando fosse apparsa la stella:
« Poi li mandò a Betlemme, dicendo: - Andate, e fate diligenti ricerche del bambino; e quando lo avrete trovato fatemelo sapere, perché venga anch’io ad adorarlo. Ora, mentre i Magi procedevano per la strada, apparve loro la stella e, quasi a far a loro da guida, li precedeva, finché giunsero dove era il bambino. Nel vedere la stella, i magi si rallegrarono di grande gioia , ed entrati nella casa trovarono il bambino che sedeva in grembo alla madre. »(Vangelo dello pseudo Matteo , Cap XVI, par. 1 e 2,)
« Al bambino poi offrirono ciascuno una moneta d’oro. Dopo di ciò uno offrì dell’oro, un altro dell’incenso e l’altro della mirra. »(Vangelo dello pseudo Matteo, Cap XVI, par. 2)
I Magi infine vengono ammoniti dall’angelo, in sogno, a non tornare da Erode e dopo l’adorazione del bambino tornano "al loro paese" per un’altra via.

VANGELO DELL’INFANZIA ARABO SIRIANO
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In questo vangelo apocrifo è scritto che in seguito alla nascita di Gesù a Betlemme vennero dei magi dall’oriente: « …come aveva predetto Zaratustra… »(Vangelo dell’infanzia arabo siriano, Cap VII,) Maria dona loro alcune delle fasce del bambino Gesù, che i magi accettano con grande riconoscenza. In quello stesso istante appare loro un angelo: « …sotto forma di quella stella che prima era stata la loro guida nel viaggio: ed essi se ne andarono, seguendo l’indicazione della sua luce, finché giunsero alla loro patria. »(Vangelo dell’infanzia arabo siriano, Cap VII,) 
Nel capitolo successivo si racconta poi che: « Si raccolsero allora intorno ad essi i loro re e principi, domandando che cosa mai avevano visto e avevano fatto, in che modo erano andati e ritornati, e che cosa avevano riportato con sé. »(Vangelo dell’infanzia arabo siriano, Cap VIII)
I Magi mostrano così la fascia a tutti e celebrano una festa: accendono un fuoco, "…seguendo la loro usanza…", lo adorano e vi gettano sopra la fascia. Il fuoco avvolge subito la fascia accartocciandola, ma una volta spentosi questa rimane integra: « …come se il fuoco non l’avesse nemmeno toccata. Perciò essi si misero a baciarla, a mettersela sugli occhi e sul capo, dicendo: - Questo è senza dubbio la verità: che si tratta di un grande prodigio, perché il fuoco non ha potuto bruciarla né consumarla! – Quindi la presero e con grandissima venerazione la riposero tra i loro tesori. »(Vangelo dell’infanzia arabo siriano, Cap VIII)

VANGELO DELL’INFANZIA ARMENO

re-magi-epifania.jpgIn questo testo c'è la descrizione più dettagliata dei Magi tra tutti i testi della tradizione Cristiana. « Quando l’angelo aveva portato la buona novella a Maria era il 15 di Nisān, cioè il 6 aprile, un mercoledì, alla terza ora. Subito un angelo del signore si recò nel paese dei persiani, per avvertire i re Magi che andassero ad adorare il neonato. E costoro, guidati da una stella per nove mesi, giunsero a destinazione nel momento in cui la vergine diveniva madre. In quel momento il regno dei persiani dominava per la sua potenza e le sue conquiste su tutti i re che esistevano nei paesi d’oriente, e quelli che erano i re magi erano tre fratelli: il primo Melkon, regnava sui persiani, il secondo, Balthasar, regnava sugli indiani, e il terzo, Gaspar, possedeva il paese degli arabi. Essendosi uniti insieme per ordine di Dio, arrivarono nel momento in cui la vergine diveniva madre. »(Vangelo dell’infanzia Armeno, Cap V par. 9)
Il racconto dei Magi continua, successivamente la nascita di Gesù, con Giuseppe e Maria che rimangono nella grotta per non farsi vedere "…perché nessuno ne sapesse niente".« Ma tre giorni dopo, il 23 di Tēbēth, cioè il 9 gennaio, ecco che i Magi d’Oriente (…) arrivarono alla città di Gerusalemme, dopo nove mesi. Questi re dei magi erano tre fratelli (…). I comandanti del loro corteggio erano, investiti della suprema autorità, erano dodici. (…) I drappelli di cavalleria che li accompagnavano comprendevano dodicimila uomini: quattromila per ciascun regno. »(Vangelo dell’infanzia Armeno, Cap XI par. 1)
Successivamente i Magi, con il loro seguito, si accampano presso Gerusalemme per tre giorni. Benché fossero fratelli, "…figli di uno stesso re, marciavano al loro seguito eserciti di lingua molto differente." « Melkon aveva con sé mirra, aloe, mussolina, porpora, pezze di lino e i libri scritti e sigillati dalle mani di Dio.
Il secondo, il re degli indi, Balthasar, aveva come doni in onore del bambino del nardo prezioso, della mirra, della cannella, del cinnamomo e dell’incenso e altri profumi. Il terzo re, il re degli arabi, Gaspar, aveva oro, argento, pietre opreziose, zaffiri di gran valore e perle fini.
Quando tutti furono giunti nella città di Gerusalemme l’astro che li precedeva celò momentaneamente la sua luce. Essi perciò si fermarono e posero le tende. Le numerose truppe di cavalieri si dissero l’un l’altro: - E adesso che facciamo? In quale direzione dobbiamo camminare? Noi lo ignoriamo, perché una stella ci ha preceduti fino ad oggi, ma ecco che è scomparsa e ci ha lasciati nelle difficoltà. »(Vangelo dell’infanzia Armeno, Cap XI par. 3)
Anche nel testo Armeno, come nel protovangelo di Giacomo e nello pseudo Matteo, i Magi non sanno dove cercare Gesù. Così vanno da Erode che desidera interrogarli. I tre Magi sono però consapevoli che la testimonianza che loro possiedono non proviene da nessun uomo, né altro essere vivente, essendo un ordine divino. Erode allora chiede loro del libro che contiene la profezia, ricevendo per risposta: « -Nessun altro popolo lo conosce, né per sentito dire, né per conoscenza diretta. Solo il nostro popolo ne possiede la testimonianza scritta. Quando Adamo dovette lasciare il paradiso e Caino ebbe ucciso Abele, il Signore Dio diede ad Adamo, come figlio della consolazione, Seth, e con lui questo documento scritto, chiuso e sigillato dalle mani di Dio.  »(Vangelo dell’infanzia Armeno, Cap XI par. 2 e 3)
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I Magi quindi elencano la genealogia che da Adamo a Seth, passando per Noè, Sem, il sommo sacerdote Melchisedec fino a Ciro, re di Persia, dove è stato custodito in una sala, facendo sì che la scrittura pervenisse fino a loro. Così hanno potuto conoscere in anticipo della profezia della nascita del figlio d’Israele. Erode furioso di rabbia, chiede quindi di vedere il documento ma in quel momento il palazzo viene scosso e l’edificio crolla. Erode quindi si convince a lasciare liberi i Magi che finalmente trovano il bambino Gesù al quale gli offrono i doni. Infine re Melkon, preso il libro del testamento, lo consegna in dono a Gesù dicendo: « Ecco lo scritto, in forma di lettera, che tu hai lasciato in custodia, dopo averlo chiuso e sigillato. Prendi, e leggi il documento autentico che tu stesso hai scritto. »(Vangelo dell’infanzia Armeno, Cap XI par. 22,)
Nel testo che Adamo aveva dato a suo figlio Seth, conservato in segreto, è scritto che: « (…)come dapprima Adamo aveva voluto diventare un dio, Dio stabilì di diventare uomo, per l’abbondanza del suo amore ed in segno di misericordia verso il genere umano. Egli fece promessa al nostro primo padre che, tramite suo, avrebbe scritto e sigillato di propria mano una pergamena, a caratteri d’oro, con queste parole: - Nell’anno 6000, il sesto giorno della settimana, io manderò il mio figlio unico, il Figlio dell’uomo, che ti ristabilirà di nuovo nella sua dignità primitiva. Allora tu, Adamo, unito a Dio nella tua carne resa immortale, potrai discernere il bene dal male. »(Vangelo dell’infanzia Armeno, Cap XI par. 23)
VANGELO DI NICODEMO
Pilato rivolto alla folla degli giudei, ricorda loro come il Dio d’Israele abbia aiutato il loro popolo a fuggire dall’Egitto, affrancandosi dalla schiavitù, e come in cambio di ciò essi abbiamo preferito adorare un vitello di metallo fuso. Solo grazie a Mosè Dio non ha sterminato il suo popolo. Poi alzatosi dal suo seggio dice: « - Noi riconosciamo come imperatore Cesare, e non Gesù; ma invero i Magi gli hanno portato dall’oriente doni come a un re. Ed Erode udito dai Magi che era nato un re, voleva ucciderlo, ma venutone a conoscenza, suo padre Giuseppe prese lui e sua madre e fuggirono in Egitto (…) »(Vangelo di Nicodemo, Cap IX par.3)

Le tombe dei Magi

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Marco Polo afferma di aver visitato le tombe dei Magi nella città di Saba, a sud di Teheran, intorno al 1270"In Persia è la città ch'è chiamata Saba, da la quale si partiro li tre re ch'andaro adorare Dio quando nacque. In quella città son soppeliti gli tre Magi in una bella sepoltura, e sonvi ancora tutti interi con barba e co' capegli: l'uno ebbe nome Beltasar, l'altro Gaspar, lo terzo Melquior. Messer Marco dimandò più volte in quella cittade di quegli III re: niuno gliene seppe dire nulla, se non che erano III re soppelliti anticamente." (Il Milione, cap. 30). 
afferma di aver visitato le tombe dei Magi nella città di Saba, a sud di Teheran, intorno al 1270"In Persia è la città ch'è chiamata Saba, da la quale si partiro li tre re ch'andaro adorare Dio quando nacque. In quella città son soppeliti gli tre Magi in una bella sepoltura, e sonvi ancora tutti interi con barba e co' capegli: l'uno ebbe nome Beltasar, l'altro Gaspar, lo terzo Melquior. Messer Marco dimandò più volte in quella cittade di quegli III re: niuno gliene seppe dire nulla, se non che erano III re soppelliti anticamente." (Il Milione, cap. 30). 
Quella di Marco Polo non è tuttavia l'unica testimonianza sul luogo di sepoltura dei Magi. Nel transetto della basilica romanica di Sant’Eustorgio a Milano si trova la “cappella dei Magi”, in cui è conservato un colossale sarcofago di pietra (vuoto), risalente al tardo Impero Romano: la tomba dei Magi. Secondo le tradizioni milanesi, la basilica sarebbe stata fatta costruire dal vescovo Eustorgio intorno all’anno 344: la volontà del vescovo era quella di esservi sepolto, dopo la sua morte, vicino ai corpi dei Magi stessi. Per questo motivo, con l’approvazione dell’imperatore Costante avrebbe fatto giungere i loro resti dalla basilica di Santa Sofia a Costantinopoli (dove erano stati portati alcuni decenni prima da sant'Elena, che li aveva ritrovati durante il suo pellegrinaggio in Terra Santa).
Nel 1162 l’imperatore Federico Barbarossa fece distruggere la chiesa di Sant'Eustorgio (come pure gran parte delle mura e degli edifici pubblici di Milano) e si impossessò delle reliquie dei Magi. Nel 1164 l'arcicancelliere imperiale Rainaldo di Dassel, arcivescovo di Colonia ne sottrasse i corpi e li trasferì, attraverso Lombardia, Piemonte, Borgogna e Renania, fino al duomo della città tedesca, dove ancora oggi sono conservate in un prezioso reliquiario.
Ai milanesi rimase solo la medaglia fatta, sembra, con parte dell'oro donato dai Magi al Signore, che da allora venne esposta il giorno dell'Epifania in Sant'Eustorgio accanto al sarcofago vuoto. Negli anni successivi Milano cercò ripetutamente di riavere le reliquie, invano. Né Ludovico il Moro nel 1494, né Papa Alessandro VI, né Filippo II di Spagna, né Papa Pio IV, né Gregorio XIII, né Federico Borromeo riuscirono a far tornare le spoglie in Italia.
Solo nel ventesimo secolo Milano riuscì ad ottenere una parte di quello che le era stato tolto: il 3 gennaio del 1904, infatti, il cardinal Ferrari, Arcivescovo di Milano, fece solennemente ricollocare alcuni frammenti ossei delle spoglie dei Magi (due fibule, una tibia e una vertebra), offerti dall'Arcivescovo di Colonia Fischer, in Sant'Eustorgio. Furono posti in un'urna di bronzo accanto all'antico sacello vuoto con la scritta “Sepulcrum Trium Magorum” (tomba dei tre Magi).
Ancora oggi molti luoghi in Italia, Francia, Svizzera e Germania si fregiano dell'onore di avere ospitato le reliquie durante il tragitto delle spoglie dei Magi da Milano a Colonia e in molte chiese si trovano ancora frammenti lasciati in dono. La testimonianza di questo passaggio si trova anche nelle insegne di alberghi e osterie tuttora esistenti, come «Ai tre Re», «Le tre corone» e «Alla stella».
L'arca di Colonia

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Nella cattedrale della città tedesca di Colonia è dunque conservata l'arca che conterrebbe, secondo la tradizione, le reliquie dei Magi, dopo che Federico Barbarossa ordinò al suo consigliere Reinald von Dassei, che era anche arcivescovo di Colonia, di portarle in Germania dopo la conquista di Milano nel 1164 al fine di rafforzare il prestigio della corona imperiale. Il viaggio delle spoglie dei Magi attraverso Italia, Francia, Svizzera e Germania lasciò traccia perfino nei nomi: "Ai tre Re", "Le tre Corone" e "Alla stella", sono appellativi frequenti di locande e osterie. Da allora le reliquie riposano a Colonia in un'arca preziosa d'argento dorato, fatta confezionare dal successore di Reinald, Filippo di Heinsberg, nella chiesa di San Pietro, trasformata successivamente nella cattedrale gotica di Colonia. Tuttavia a Milano il culto dei Magi rimase vivo. Il cronista Galvano Fiamma racconta nel 1336 che si celebrava ancora un corteo dei Magi a cavallo attraverso la città. Rimase vano ogni tentativo di riportare le reliquie in Italia. Né Lodovico il Moro, né Alessandro VI, né Filippo di Spagna, né Pio IV, né Gregorio XIII, né Federico Borromeo, riuscirono nell'intento. Solo nel 1904 una piccola parte di questi resti è stata restituita alla Diocesi di Milano, grazie ai rapporti amichevoli dell'arcivescovo di Milano cardinal Ferrari col cardinale di Colonia, Fischer.
1164 al fine di rafforzare il prestigio della corona imperiale. Il viaggio delle spoglie dei Magi attraverso Italia, Francia, Svizzera e Germania lasciò traccia perfino nei nomi: "Ai tre Re", "Le tre Corone" e "Alla stella", sono appellativi frequenti di locande e osterie. Da allora le reliquie riposano a Colonia in un'arca preziosa d'argento dorato, fatta confezionare dal successore di Reinald, Filippo di Heinsberg, nella chiesa di San Pietro, trasformata successivamente nella cattedrale gotica di Colonia. Tuttavia a Milano il culto dei Magi rimase vivo. Il cronista Galvano Fiamma racconta nel 1336 che si celebrava ancora un corteo dei Magi a cavallo attraverso la città. Rimase vano ogni tentativo di riportare le reliquie in Italia. Né Lodovico il Moro, né Alessandro VI, né Filippo di Spagna, né Pio IV, né Gregorio XIII, né Federico Borromeo, riuscirono nell'intento. Solo nel 1904 una piccola parte di questi resti è stata restituita alla Diocesi di Milano, grazie ai rapporti amichevoli dell'arcivescovo di Milano cardinal Ferrari col cardinale di Colonia, Fischer.
Una versione ben nota del dettagliato racconto è quella contenuta nella Historia Trium Regum (storia dei tre re) del chierico del XIV secolo Giovanni di Hildesheim. Per spiegare la presenza a Colonia delle reliquie mummificate dei saggi orientali, inizia il racconto dal viaggio a Gerusalemme compiuto da Sant'Elena, madre di Costantino I, durante il quale ella recuperò la Vera Croce di Gesù ed altre reliquie: « La regina Elena ... cominciò a pensare grandemente ai corpi di quei tre re e si schierò e con un largo seguito si recò nella terra dell'Indo ... quand'ebbe trovato i corpi di Melchiorre, Baldassarre e Gaspare, la regina Elena li mise in uno scrigno che ornò di grandi ricchezze e li portò a Costantinopoli ... e li pose in una chiesa chiamata Santa Sofia. »
Gli artisti hanno sfruttato spesso la loro arte per rappresentare il  tema delle tre età dell'uomo e anche, nell'epoca delle scoperte, come allegoria dei diversi mondi conosciuti: Baldassarre è raffigurato come un giovane africano (un Moro), Gaspare spesso ha una fisionomia chiaramente orientale e Melchiorre i tratti europei.
Nomi tradizionali dei Re Magi sonoCaspar, Baltasar e Melchior.
Re_magi_1-b%5B1%5D.jpgLe Chiese orientali assegnano vari nomi ai Magi, ma nella tradizione occidentale si sono affermati i nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre. In altre culture i nomi sono ancora diversi, ad esempio la Chiesa cattolica etiope li chiama Hor, Basanater e Karsudan.
Nessuno dei nomi accreditati è di chiara origine persiana, né si può dire che abbia un significato specifico; tuttavia, Gaspare può essere una variante della parola persiana Jasper - "Signore del Tesoro" - da cui deriva anche il nome del diaspro. In Siria la comunità cristiana chiama i Magi LarvandadHormisdas e Gushnasaph. Questi ultimi nomi sono, probabilmente, di origine persiana, il che naturalmente non è sufficiente a garantire la loro autenticità.
Il primo nome, Larvandad, è una combinazione di Lar, una regione nei pressi di Teheran, e vand o vandad, un suffisso comune in medio-persiano che significa "collegato con" o "situato in". Lo stesso suffisso si ritrova anche nei toponimi iraniani come DamavandNahavand e Alvand e in alcuni nomi e titoli quali Varjavand e Vandidad.
In alternativa, potrebbe essere una combinazione di Larvand (ovvero la regione di Lar) e Dad ("dato da"). Quest'ultimo suffisso si ritrova anche nei nomi iraniani "Tirdad", "Mehrdad", "Bamdad" e in toponimi come "Bagdad" ("Data da Dio"), un tempo in Iran, ora Baghdad in Iraq. Il nome vorrebbe, quindi, dire 'nato nella', o 'dato dalla' regione di Lar.
Il secondo nome, Hormisdas, è una variante del nome persiano Hormoz, in Medio Persiano Hormazd e Hormazda. Il nome si riferiva all'angelo del primo giorno di ciascun mese, il cui nome era stato dato dal Dio supremo, il cui nome era "Ahura Mazda" o "Ormazd" in Antico persiano.
Il terzo nome, Gushnasaph, era un nome di persona diffuso nell'antico e nel medio-persiano, corrispondente all'attuale Gushnasp o Gushtasp. È formato dalla radice Gushn, "pieno di qualità virili" o "pieno di desiderio o di energia" per qualcosa, e dalla parola Asp (in persiano moderno: Asb), cavallo. L'animale era di grande importanza per le genti iraniche, e il relativo suffisso si ritrova in molti nomi usati nella regione, tra cui gli attuali LohraspJamaspGarshasp e Gushtasp. Il nome potrebbe, quindi, tradursi "persona con l'energia e la virilità di un cavallo" o "desideroso di avere dei cavalli". In alternativa, poiché Gushn risulta anche usato per indicare "molti", potrebbe essere più semplicemente "possessore di molti cavalli".
Giuseppe Tucci e Mario Bussagli, orientalisti, hanno ipotizzato di riconoscere in Gaspare un sovrano indoiranico di stirpe kushana, Gundophar, vissuto nel I secolo d.C., che sembra aver appoggiato la missione in India dell'apostolo San Tommaso.
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